Donne. Questioni aperte, orizzonti possibili

Esce il nuovo numero di Anthropologica, l’annuario di studi filosofici dell’Istituto Jacques Maritain

Come parlare oggi delle donne senza ridurle a un’astrazione né disperderne la ricchezza in un generico plurale? È da questa domanda, urgente e radicale, che prende avvio il nuovo numero di Anthropologica, curato da Donatella Pagliacci e Susy Zanardo.

Intitolato Donne. Questioni aperte, orizzonti possibili, il volume raccoglie tredici saggi che attraversano con rigore e passione i molteplici territori del pensiero contemporaneo – dalla filosofia alla teologia, dalla medicina all’educazione, dallo spazio urbano allo sport – per interrogare la presenza femminile come forza generativa e interrogante, capace di trasformare linguaggi, istituzioni e pratiche sociali.

Una riflessione necessaria

Nell’introduzione, Pagliacci e Zanardo prendono le mosse dalla provocazione di Caroline Criado Perez e dal suo Invisibili, per mostrare quanto ancora la cultura, la scienza e la politica restino segnate da un androcentrismo che ignora l’esperienza e il sapere delle donne. Da qui, la proposta di un percorso corale: rilanciare il pensiero femminile come ricerca viva e plurale, capace di fare spazio a genealogie, voci e prospettive differenti, senza nostalgie né dogmatismi.

Il volume si articola in due sezioni. La prima – Sulle donne – esplora i fondamenti simbolici, politici e teologici della differenza sessuale, dal ripensamento del potere e della leadership fino agli sguardi sulla maternità. La seconda – Vite in questione – guarda alle pratiche trasformative e alle sfide concrete della contemporaneità: l’educazione digitale, la medicina di genere, la maternità surrogata, la toponomastica urbana, il ruolo delle donne nello sport.

Un coro di voci

Velocemente, proviamo a scorrere i contributi concorrono a questa lettura corale del femminile: Susy Zanardo indaga la crisi simbolica del nostro tempo tra nuove forme di potere e rischio di neutralizzazione del femminile; Sergio Labate rilegge la politica delle donne come “cura istituzionale”; Lucia Vantini dà voce a una teologia poetica e plurale, scritta ai margini e nelle profondità della terra. E ancora: Carla Danani e Chiara Tintori riflettono rispettivamente sullo spazio e sul tempo come luoghi politici dell’esperienza femminile, mentre Patrizia Caporossi e Donatella Pagliacci indagano le relazioni e la maternità come snodi simbolici decisivi per una nuova antropologia della differenza.

Nella seconda parte, Francesca Zaccaron propone percorsi di educazione alla cittadinanza digitale inclusiva; Fiorenza Taricone ricostruisce le genealogie della cittadinanza femminile; Massimiliano Marinelli rilancia una medicina attenta al corpo e alla narrazione delle donne; Alessio Musio affronta la questione etica della surrogazione di maternità; Paola Malacarne denuncia l’invisibilità simbolica delle donne nella toponomastica; Luca Grion esplora l’evoluzione dello sport femminile come spazio di libertà e di giustizia.

Una sfida culturale aperta

L’unità profonda del volume sta nel suo interrogare il presente con coraggio, nella convinzione che la differenza femminile non sia una categoria chiusa, ma una sorgente di senso e di futuro.
Le autrici e gli autori di questo nuovo numero di Anthropologica mostrano come l’esperienza delle donne non rappresenti un tema “di nicchia”, ma una chiave per ripensare l’umano, la cura e le istituzioni.

Nel tempo della neutralizzazione delle identità e della frammentazione dei saperi, questo annuario invita a tenere insieme pensiero e vita, filosofia e politica, corpo e linguaggio – nella consapevolezza che, come scrivono le curatrici, «le donne non costituiscono una categoria astratta, ma una presenza generativa, una forza interrogante capace di riaprire il senso delle istituzioni e delle soggettività».

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